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In cosa consiste – La misura consiste nell’esecuzione della pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, in luogo pubblico di cura, assistenza e accoglienza e, solo in caso di donne incinta o madri di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente, di case famiglia protette.
Chi la concede – Se l’esecuzione della pena è già iniziata, la misura è concessa dal tribunale di sorveglianza competente (dal magistrato di sorveglianza provvisoriamente nel caso di grave pregiudizio derivante dalla protrazione dello stato di detenzione).
Se l’esecuzione della pena non è iniziata, nei casi previsti dall’art.656 c.p.p. c.5, il pubblico ministero la sospende. L’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato che entro trenta giorni può presentare l’ istanza di concessione della misura. L’istanza viene dunque trasmessa dal pubblico ministero al tribunale di sorveglianza che dovrà decidere entro quarantacinque giorni dal ricevimento.
Il tribunale fissa le prescrizioni della misura e può anche prevedere modalità di controllo con mezzi elettronici.
Il detenuto domiciliare non è a carico dell’Amministrazione penitenziaria per il mantenimento, la cura e l’assistenza medica.
Detenzione domiciliare ordinaria
(47- ter l. 354/1975)
Chi la può chiedere
purché non sia stata dichiarata delinquente abituale, professionale o per tendenza ne’ gli sia mai stata applicata l’aggravante di cui all’articolo 99 del codice penale(recidiva)
1. La persona che abbia compiuto i settanta anni condannata per qualunque reato ad eccezione di quelli previsti:
dal libro II, titolo XII, capo III, sezione I ( riduzione in schiavitù, tratta ed altri reati contro la personalità individuale)
dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale (reati sessuali)
dall’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale (associazione a delinquere, sequestro di persona)
dall’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario (reati associativi)
2. Chi deve scontare una condanna all’arresto o una pena anche residua inferiore a quattro anni e sia:
donna incinta o madre di prole di età inferiore ad anni dieci con lei convivente
padre, esercente la potestà, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole
persona in condizioni di salute particolarmente gravi, che richiedano costanti contatti con i presidi sanitari territoriali
persona di età superiore a sessanta anni, se inabile anche parzialmente
persona minore di anni ventuno per comprovate esigenze di salute, di studio, di lavoro e di famiglia.
3. Chi deve scontare una pena anche residua inferiore ai due anni anche senza i requisiti richiesti dal punto 1 ma purché non sia stato condannato per uno dei reati previsti dall’art. 4-bis ord. penit. quando non ricorrono i presupposti per l’affidamento in prova al servizio sociale e sempre che tale misura sia idonea ad evitare il pericolo che il condannato commetta altri reati.
4. Quando potrebbe essere disposto il rinvio obbligatorio o facoltativo della esecuzione della pena ai sensi degli articoli 146 e 147 del codice penale, il tribunale di sorveglianza, anche se la pena supera il limite di cui al comma 1, può disporre la applicazione della detenzione domiciliare, stabilendo un termine di durata di tale applicazione, termine che può essere prorogato. In tal caso l’esecuzione della pena prosegue durante la esecuzione della detenzione domiciliare (mentre se viene concesso il rinvio ai sensi degli artt.146-147 la pena viene sospesa).
Detenzione domiciliare speciale
( art.47- quinquies l. 354/1975)
Prevista, assieme alla misura dell’affidamento ( art.47-ter o.p.) dall’art. 47 quinquies la misura alternativa della detenzione domiciliare speciale è stata introdotta dall’art. 3 della legge 8 marzo 2001 n. 40, di modifica dell’Ordinamento penitenziario.
Con tale beneficio si è voluto consentire alle condannate, madri di bambini di età inferiore agli anni dieci, di espiare la pena nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all’assistenza dei figli.
La detenzione domiciliare speciale può essere concessa, quando non ricorrono le condizioni di cui all’articolo 47-ter (pena inferiore ai 4 anni), solo se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti e se vi è la possibilità di ripristinare la convivenza con i figli.
Vi possono essere ammessi, se hanno espiato almeno un terzo della pena, o almeno 15 anni in caso di condanna all’ergastolo:
– la madre di bambini di età inferiore ad anni dieci, con lei conviventi
– il padre quando la madre sia deceduta o altrimenti nell’impossibilità assoluta di assistere i figli
La legge 62/2011 ne ha esteso l’efficacia introducendo il comma 1-bis all’art. 47-quinquies che consente l’espiazione dei minimi di pena richiesti per accedere al beneficio ( un terzo o 15 anni in caso di ergastolo) presso un istituto a custodia attenuata per detenute madri ovvero, se non sussiste un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti o di fuga, nella propria abitazione, o in altro luogo di privata dimora, ovvero in luogo di cura, assistenza o accoglienza, al fine di provvedere alla cura e all’assistenza dei figli. In caso di impossibilità ad espiare la pena nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora, la stessa puo’ essere espiata nelle case famiglia protette, ove istituite. Tale possibilità resta comunque preclusa alle madri condannate per taluno dei delitti previsti dall’articolo 4-bis o.p..
Detenzione domiciliare per soggetti affetti da Aids o grave deficienza immunitaria
(47-quater nella l. 354/1975 )
Con l’inserimento dell’art. 47-quater nella l. 354/1975 ad opera della l. 231/1999, il legislatore ha voluto consentire ai soggetti affetti da aids o da grave deficienza immunitaria, accertate ai sensi dell’articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale, e che hanno in corso o intendono intraprendere un programma di cura e assistenza presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell’assistenza ai casi di aids, la possibilità di accedere alle misure alternative o di comunità previste dagli articoli 47 (affidamento in prova al servizio sociale) e 47-ter (detenzione domiciliare), anche oltre i limiti di pena ivi previsti.
Detenzione domiciliare pene non superiori a diciotto mesi
(l. 199/2010)
Introdotta dalla l. 199/2010, ha subito successive modifiche concernenti il limite di pena. Inizialmente prevista per una durata di tempo limitata al 31 dicembre 2013, è stata stabilizzata dal dl 23 dicembre 2013 n. 146..
Ai condannati con pena detentiva (anche residua) non superiore a diciotto mesi, può essere concessa dal tribunale di sorveglianza la possibilità di scontare la pena presso la propria abitazione o un altro luogo, pubblico o privato.
La misura non può essere concessa:
– ai condannati per i reati particolarmente gravi (quelli previsti dall’art. 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario)
– ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza (artt. 102, 105 e 108 del codice penale)
– ai detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare (art. 14 bis della legge sull’ordinamento penitenziario)
– qualora vi sia la concreta possibilità che il condannato possa darsi alla fuga o commettere altri delitti
– qualora il condannato non abbia un domicilio idoneo alla sorveglianza e alla tutela delle persone offese dal reato commesso.
Nel caso la condanna a diciotto mesi – o meno – di reclusione sia comminata a una persona in libertà, è lo stesso pubblico ministero che, al momento della condanna, ne sospende l’esecuzione, previo accertamento dell’esistenza e dell’idoneità dell’alloggio, nonché, se si tratta di persona tossicodipendente o alcol-dipendente-dipendente, previa verifica della documentazione medica attestante lo stato di tossicodipendenza o alcol-dipendenza e del programma di recupero, trasmettendo quindi gli atti al magistrato di sorveglianza per la concessione della detenzione domiciliare.
Nel caso in cui il condannato, con pena da scontare fino a diciotto mesi, sia in carcere, potrà presentare una richiesta al magistrato di sorveglianza. In ogni caso – anche senza la richiesta dell’interessato – la direzione dell’istituto di pena preparerà per ciascun detenuto che rientra nelle condizioni previste dalla legge una relazione sul comportamento tenuto durante la detenzione e sulla idoneità dell’alloggio, oppure raccoglierà la documentazione medica e terapeutica, qualora si tratti di persona dipendente da droga o alcool, intenzionata a seguire un programma di cura che potrà essere eseguita presso una struttura sanitaria pubblica o una struttura privata accreditata ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309. Il magistrato di sorveglianza provvederà con un’ordinanza per la concessione della detenzione domiciliare.
In ogni caso, il magistrato di sorveglianza può imporre le prescrizioni e le forme di controllo necessarie per accertare che il tossicodipendente o l’alcoldipendente inizi immediatamente o prosegua il programma terapeutico.
L’ufficio locale dell’esecuzione penale esterna, competente per gli interventi di sostegno e controllo, segnala ogni evento rilevante sull’esecuzione della pena e trasmette le relazioni trimestrali e conclusiva.
La l. 199/2010, in caso di evasione dalla detenzione domiciliare (art. 385 codice penale), inasprisce le pene portandole da un minimo di un anno di reclusione a un massimo di tre (fino a cinque se vi sono violenza o effrazione, fino a sei se con armi).
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